CHIRURGIA

IL GINOCCHIO

ANATOMIA

Il ginocchio è la più grande e complessa articolazione del nostro corpo. Per essere precisi è formata da 2 articolazioni: quella tra femore e tibia e quella tra femore e rotula (o patella). Nel primo caso l’unione e la stabilità tra i capi ossei è garantita dal sistema legamentoso, nello specifico da quattro legamenti (Figura 1 e Figura 2):

  • 2 legamenti posti ai lati del ginocchio, legamento collaterale mediale e legamento collaterale laterale.
  • 2 legamenti centrali chiamati legamento crociato anteriore e legamento crociato posteriore.

La stabilità dell’articolazione tra femore e rotula è garantita invece da due tendini:

  • Il tendine del quadricipite femorale che avvolge la porzione superiore della rotula.
  • Il tendine rotuleo teso tra la rotula e la tuberosità tibiale.

I menischi sono invece i due cuscinetti del ginocchio, posti tra femore e tibia hanno il compito di assorbire gli impatti che si creano durante la deambulazione o durante l’attività fisica.

Per permettere un movimento articolare fluido e senza attriti, i capi ossei articolari sono avvolti da un tessuto elastico ma dotato di una grande resistenza alla trazione e alla pressione: la cartilagine articolare. L’importanza di questa struttura viene apprezzata soprattutto quando viene meno la sua integrità, come nel caso dell’artrosi, quando la mobilizzazione delle componenti ossee provoca una sintomatologia dolorosa più o meno intensa.

legamenti ginocchio carlo damioli
Figura 1
legamenti ginocchio ortopedia carlo damioli
Figura 2

LEGAMENTI

I legamenti, come suggerisce il nome, hanno la funzione di legare due strutture anatomiche, nello specifico due segmenti ossei, e allo stesso tempo limitare l’escursione articolare dando una garanzia di stabilità.

Il legamento crociato anteriore ricorda molto una corda che collega al centro del ginocchio il femore alla tibia. Il nome deriva dal fatto che nel suo decorso incrocia il legamento crociato posteriore. Svolge la funzione di freno anteriore del ginocchio, impedendo che la tibia scivoli anteriormente rispetto al femore.

Il legamento crociato posteriore è il principale stabilizzatore del ginocchio ed è molto più robusto rispetto al LCA. Impedisce la traslazione posteriore della tibia rispetto al femore. La lesione del LCP è meno frequente rispetto al LCA e difficilmente portano a una instabilità sintomatica, ma piuttosto si associano a un dolore cronico.

Il legamento collaterale mediale collega il femore distale alla tibia prossimale sul loro lato mediale, cioè interno stabilizzando l’articolazione agli stress in valgo, cioè creati da una spinta eccessiva dal lato opposto.

Il legamento collaterale laterale origina dall’epicondilo laterale del femore e si inserisce sulla testa del perone. La sua funzione è quella di stabilizzare l’articolazione del ginocchio dagli stress in varo.

MENISCHI

I menischi sono due strutture fibrocacartilaginee con forma semilunare interposta tra la tibia e il femore; in base alla posizione che occupano prendono il nome di menisco mediale (o interno) e menisco laterale (o esterno). Le loro funzioni sono molteplici: trasmissione del carico articolare, aumento della congruenza tra i capi articolari, distribuzione del liquido sinoviale sulla superficie articolare, riduzione dell’attrito articolare e prevenzione del conflitto tra le strutture articolari con i tessuti molli.

Come dice il nome stesso, il menisco mediale si trova nell’emirima mediale, cioè interna, del ginocchio. Oltre alle funzioni precedentemente descritte svolge anche un ruolo di stabilizzazione articolare, soprattutto in caso di insufficienza del LCA, riducendo la traslazione anteriore della tibia rispetto al femore. La forma è pressoché semicircolare e ricorda molto una “C” con una porzione anteriore, un corpo e una porzione posteriore, chiamata anche radice meniscale. Una lesione a carico della radice meniscale può portare a una destabilizzazione del menisco e, se non trattato, è considerato un fattore di rischio per lo sviluppo di degenerazioni artrosiche precoci.

Il menisco laterale occupa l’emirima laterale del ginocchio, cioè la più esterna. Ha una forma quasi circolare ricoprendo una porzione articolare maggiore. A differenza del menisco mediale, quello laterale ha una maggior mobilità durante i movimenti articolari, quindi una maggior capacità diassecondare e redistribuire i carichi. Questo può spiegare come mai le lesioni interessino principalmente i menisco mediale.

ROTULA

La rotula è chiamata anche patella ed è l’osso sesamoide più grande del corpo. Si articola con il femore e più precisamente con la parte del femore chiamata troclea femorale formando l’articolazione “femoro-rotulea”. La zona di contatto tra troclea e patella varia durante il movimento articolare e il punto di maggior contatto è a ginocchio flesso a 45°. La rotula è avvolta nella porzione prossimale dal tendine del quadricipite femorale e nella zona più distale si inserisce il tendine rotuleo. La principale funzione è quella di aumentare il braccio di leva del quadricipite femorale.

CARTILAGINE

La cartilagine articolare è un tessuto connettivo che ricopre i capi ossei di una articolazione e permette a questi di scorrere gli uni sugli altri in modo più fluido e riducendo al minimo gli attriti. È un tessuto avascolarizzato e i condrociti (le cellule che formano la cartilagine) trovano nutrimento da liquido sinoviale, che riempie la cavità articolare. Macroscopicamente l’articolazione sana si presenta come un materiale di colore bianco, liscio e resistente. Col tempo lo spessore della cartilagine può ridursi fino alla scomparsa mettendo a nudo zone di osso sottostante (chiamato subcondrale) in un quadro patologico chiamato artrosi.

PATOLOGIE E TRATTAMENTI

CHIRURGIA PROTESICA DI GINOCCHIO

gonartrosi ginocchio ortopedia carlo damioli
Gonartrosi

GONARTROSI (ARTROSI DEL GINOCCHIO)

L’artrosi del ginocchio, chiamata anche gonartrosi, è una patologia degenerativa caratterizzata dalla progressiva usura della cartilagine articolare. Nei casi più gravi si assiste all’esposizione dell’osso subcondrale (cioè l’osso sotto la cartilagine) e a un quadro chiamato “bone to bone”, cioè osso su osso, quando la cartilagine articolare è completamente usurata e i capi articolari ossei di tibia e femore sono a contatto uno con l’altro. Si assiste dunque a una deformità delle strutture articolari con inevitabile perdita della fluidità articolare.

  1. Il dolore: inizialmente il dolore è sfumato e si presenta solo durante alcune attività fisiche, quali lunghe camminate soprattutto, camminate in discesa, salire e scendere le scale, accovacciamenti. All’aumentare del danno cartilagineo il dolore si fa semprepiù intenso fino ad essere presente anche a riposo e provocare una grave invalidità nelle normali attività quotidiane. La deambulazione diventa difficoltosa e con zoppia e spesso limitata a brevi tratti prima che il dolore si faccia troppo intenso.
  2. Idrarto: la presenza di liquido all’interno del ginocchio provoca una tumefazione con sensazione di ginocchio “ingommato”. Il liquido è prodotto dalla membrana sinoviale che avvolge l’articolazione con una funzione lubrificante e di nutrimento per cartilagine; in caso di artrosi si instaura un processo infiammatorio che porta alla iperproduzione di liquido con conseguente tumefazione e peggioramento del dolore durante la flesso estensione del ginocchio.
  3. Rigidità articolare: inizialmente solo mattutina, dopo il risveglio, o dopo aver mantenuto il ginocchio flesso troppo a lungo (es. al cinema, dopo un viaggio in autobus, ecc…) può peggiorare col tempo fino ad arrivare a una grave limitazione dei movimento articolare. Questo quadro si associa alla formazione di osteofiti, ovvero una reazione dell’osso subcondrale che forma degli spuntoni ossei.

Innanzi tutto è indispensabile l’esecuzione di radiografie standard del ginocchio e una successiva visita ambulatoriale dallo specialista ortopedico. In alcuni casi vengono richiesti esami strumentali aggiuntivi, quali RX ginocchio in particolari proiezioni o RMN o TC. Inizialmente il trattamento è conservativo, allo scopo di ridurre la sintomatologia dolorosa e l’invalidità: quindi si consiglia terapia antinfiammatoria, fisioterapia, terapia infiltrativa e alcune modifiche nello stile di vita. Al fallimento della terapia conservativa e nei casi di grave gonartrosi con grave invalidità funzionale, è necessario un trattamento chirurgico protesico.

L’intervento chirurgico consiste nella sostituzione delle superfici articolari danneggiate con delle componenti protesiche che ripristinino la fluidità articolare durante i movimenti. Si parla di protesi monocompartimentali, quando viene sostituita solo una parte dell’articolazione (qualora il danno sia limitato); nei casi di artrosi che coinvolgono tutta l’articolazione, è indicato l’impianto di protesi totale del ginocchio.

La protesi del ginocchio, sia monocompartimentale che totale, permette al paziente di tornare a una vita normale eliminando il dolore e la limitazione funzionale causati dall’ artrosi tornado a praticare nuovamente attività fisica e sport, quali tennis, sci, nuoto, ecc…

Questa procedura chirurgica si è negli anni migliorata, perfezionata e standardizzata fino ad arrivare a essere un trattamento sicuro e risolutivo; questa evoluzione ha interessato anche i materiali coi quali la protesi è costruita, riducendo al minimo l’usura dei materiali portando la durata dell’impianto anche oltre i 20 anni.

Nel post intervento il paziente rimane in reparto per circa 5-6 giorni durante i quali inizia un programma riabilitativo iniziando a deambulare già il giorno dopo l’intervento chirurgico per poi essere indirizzato a dei centri pecialistici riabilitativi sul territorio per continuare la fisioterapia.

Il paziente non viene mai “abbandonato”: attraverso dei controlli periodici (sia clinici che radiografici), si mantiene monitorata l’evoluzione del quadro riabilitativo fino alla completa guarigione e ripresa delle normali attività  quotidiane.

CHIRURGIA ARTROSCOPICA DEL GINOCCHIO

L’artroscopia è stata una vera rivoluzione nella chirurgia del ginocchio e della spalla: questa tecnica permette di eseguire interventi con una minima invasività, senza necessità di esposizioni delle articolazioni. Nata agli inizi del XX secolo ha avuto una grande evoluzione a partire dagli anni ’80, fino ad arrivare alla sofisticata strumentazione artroscopica moderna.

L’artroscopio è costituito da un’ottica collegata a una telecamera che una volta inserito nell’articolazione – attraverso una piccolissima incisione di circa 1 cm – permette di vedere chiaramente tutte le strutture articolari: menischi, legamenti crociati, cartilagini articolari, ecc… e quindi svolgere interventi che una volta risultavanoindaginosi e richiedevano incisioni voluminose e artrotomia. Pensiamo alla regolarizzazione meniscale in caso di lesione dei menischi, alla ricostruzione legamentose (principalmente del legamento crociato anteriore), asportazione di corpi mobili, interventi su danni cartilaginei, e molte altre procedure.

Le complicanze intraoperatorie sono molto ridotte rispetto a interventi in “open” e il decorso post-operatorio è più veloce e confortevole per il paziente, che generalmente può essere dimesso il giorno stesso dell’intervento, o il giorno successivo nei casi di ricostruzione legamentosa.

LESIONE DEL LEGAMENTO CROCIATO ANTERIORE

Significa una rottura del legamento: questa può essere completa o parziale, cioè di tutte le fibre che lo compongono o solo di parte di esse. Spetta al chirurgo ortopedico stabilire, tramite indagini strumentali e specifici test clinici, se la lesione richiede un trattamento chirurgico oppure un trattamento conservativo per garantire la stabilità articolare.

La rottura del legamento crociato anteriore è molto frequente in ambito sportivo, soprattutto in sport che richiedono cambi di direzione, balzi, scontri fisici come calcio, rugby, pallacanestro, sci, ecc… un trauma contusivo e distrattivo del ginocchio, un arresto improvviso durante la corsa, una rotazione anomala, sono tutte situazioni che mettono sotto stress il legamento che potrebbe quindi rompersi.

La rottura del LCA è generalmente associata a un rumore di schiocco (“popping”) a volte avvertibile dal paziente stesso. Dolore, idrarto (tumefazione) e incapacità di muovere l’arto sono i sintomi più frequenti e generalmente si attenuano dopo qualche giorno per poi scomparire. Passata la fase acuta, il paziente riferisce benessere e assenza di dolore, ma lamenta una sensazione di instabilità durante alcune attività fisiche.

No. La scelta viene affidata al chirurgo ortopedico che prende in considerazione il tipo di lesione, il grado di instabilità articolare, l’età e la richiesta funzionale del paziente, la presenza di patologie associate. In linea generale, lesioni del LCA in pazienti giovani che praticano sport sono da trattare chirurgicamente.

Consiste nel sostituire il legamento lesionato con uno nuovo, che può essere di vari tipi:

  1. Tendine gracile e semitendinoso: tramite un’incisione a livello della tibia prossimale, vengono prelevati questi tendini di due muscoli flessori della coscia, legati tra loro, duplicati e fatti passare attraverso due tunnel (uno tibiale e uno femorale) e utilizzati come neolegamento.
  2. Tendine rotuleo: attraverso una incisione mediana centrata sulla rotula, viene prelevato parte del tendine rotuleo con due bratte ossee ai lati. Fatto passare attraverso i tunnel precedentemente preparati prende il posto del vecchio legamento lesionato.
  3. Allograft (tendine da donatore): consiste nell’utilizzare tessuti prelevati da un donatore con il vantaggio di non dover prelevare nulla dal paziente, evitando quindi di indebolire le strutture anatomiche precedentemente descritte.
Il paziente viene dimesso camminando il giorno dopo l’intervento chirurgico. Per circa un mese è necessario deambulare con l’aiuto di due stampelle dando un carico parziale e progressivo, senza necessità di tutori. Inizia fin da subito un programma riabilitativo che lo porta progressivamente a recuperare la muscolatura, l’articolarità completa e funzionalità dell’arto. Ovviamente la biologia impone dei tempi per permettere ai tessuti di guarire e al neolegamento stabilizzarsi per garantire la stabilità richiesta.

LESIONE DEL MENISCO MEDIALE E LATERALE

Il sintomo più frequente è il dolore che si avverte principalmente nella zona del menisco interessato (verso l’interno per il mediale e verso l’esterno per il laterale). Il chirurgo ortopedico durante la visita può evocare questo dolore con delle manovre cliniche e quindi fare diagnosi. Il dolore si avverte principalmente nello scendere le scale o durante camminate in discesa, accovacciamenti, torsioni del ginocchio con piede fermo. A volte, oltre al dolore, può manifestarsi un blocco articolare, causato da particolari tipi di lesioni meniscali con flap che creano un vero e proprio blocco meccanico al movimento del ginocchio.

Attraverso due piccole incisioni di circa 1 cm a livello del ginocchio, per via artroscopica si asporta la porzione del menisco lesionato regolarizzandone i margini.

Il paziente viene dimesso il giorno stesso dell’intervento chirurgico e dovrà camminare con l’aiuto di due stampelle per circa 10 giorni con carico parziale per poi abbandonarle progressivamente.